Testo di Claudio Paolacci
Testo di Claudio Paolacci
La distorsione della caviglia, anche conosciuta come “storta” è uno dei più frequenti infortuni che avvengono durante le attività sportive o nei gesti di vita quotidiana. Nella maggior parte dei casi il trauma è causato dalla rotazione della caviglia verso l’interno (inversione), mostrando immediatamente una sintomatologia dolorosa e segni classici come il gonfiore .
Il complesso caviglia è un’articolazione di tipo diartosi, quindi molto mobile, che comprende tre sotto-articolazioni:
A dare stabilità, troviamo legamenti e tendini del piede che mantengono il corpo dell’astragalo all’interno del mortaio formato da tibia e perone, e permettono i movimenti di flesso-estensione e rotazione. Possiamo dividere i legamenti della caviglia in mediali (o deltoideo) e laterali.
Quello deltoideo è appunto formato da 4 fasci che collegano il malleolo interno con l’astragalo (tibio-astragalico anteriore e posteriore), col calcagno (tibio-calcaneare) e con lo scafoide (tibio-scafoideo).
Quelli laterali sono tre fasci di cui due collegano il malleolo peroneale con l’astragalo (peroneo-astragalico anteriore e posteriore) e uno con il calcagno (peroneo- calcaneare).
Le strutture tendinee che rinforzano la caviglia provengono dai muscoli che collegano la gamba alle ossa del tarso, quindi, oltre a garantire una corretta fisiologia articolare, danno sostegno all’architettura del piede. Nello specifico ci sono:
Esistono due tipi di trauma distorsivo: in inversione ed eversione.
È il più frequente e consiste in una rotazione interna del piede a cui viene abbinata una flessione plantare e una adduzione. Questo permette di capire che le strutture maggiormente colpite sono i legamenti laterali e le strutture tendinee che limitano in modo passivo quei movimenti, quindi i tendini peronieri, il tendine del tibiale anteriore e il compartimento tendineo degli estensori con il suo retinacolo.
Meccanismo lesionante che avviene in rotazione esterna del piede con flessione dorsale e abduzione. Questa volta i legamenti coinvolti sono quelli del compartimento mediale con complicazioni a carico dei tendini dei muscoli flessori delle dita e dell’alluce, del muscolo tibiale posteriore con implicazione del retinacolo dei flessori.
In entrambi i casi si potrebbe danneggiare la propriocezione e soprattutto, se non trattata e rieducata correttamente, c’è un alto rischio di recidiva. La causa del trauma durante attività sportiva può essere:
La classificazione prevede diversi gradi di lesione. Se si prende l’esempio più classico di trauma in inversione, si avrà:
La sintomatologia, in acuto, è molto fastidiosa, con dolore, gonfiore e a volte spasmi muscolari. È come se il corpo creasse questo meccanismo per impedire che un ulteriore movimento provochi altri danni, per via della compromissione, più o meno grave, della stabilità dell’articolazione.
Generalmente la zona è sempre dolorosa alla palpazione e si può trovare tumefazione con edema, dipende dalla gravità, che tende a depositarsi alla base della pianta.
Nei traumi di grado 0 e 1, i sintomi tendono a scomparire entro qualche giorno o al massimo 2 settimane. Nelle lesioni di 2° e 3° la guarigione sarà molto lenta, tanto che andrà dalle 6 alle 8 settimane, con una grave instabilità dell’articolazione.
La valutazione clinica è l’approccio più usato, senza la richiesta di RMN, proprio perché molto spesso dall’analisi dei segni è già possibile stimarne la gravità. Nei casi più gravi, dopo aver controllato i criteri di Ottawa (utili per escludere eventuali fratture ossee) si può richiedere inoltre, una Rx oppure una risonanza magnetica non appena si è leggermente riassorbito l‘edema. Per la valutazione dei legamenti sono importanti le “prove da stress” oppure si può richiedere un’ecografia, sempre in assenza di edema eccessivo.
Va fatta una valutazione differenziale per escludere le fratture del 5° metatarso, lesioni al tendine d’Achille e fratture astragaliche che possono portare sintomi analoghi.
Si possono identificare tre fasi
Fase post-acuta: nelle prime fasi, in una distorsione di 1° grado, si usa il protocollo R.I.C.E (riposo, ghiaccio, compressione, elevazione) con una mobilizzazione precoce, permettendo la risoluzione autonoma nel giro di qualche giorno. Nei casi più gravi, si utilizza il protocollo R.I.C.E, con l’aggiunta dell’immobilizzazione dell’arto. Questo soprattutto per alleviare il dolore, non sembra influire sul risultato finale. Le distorsioni di 3° grado possono necessitare invece, un trattamento chirurgico.
Fase sub-acuta: l’obiettivo in questa fase è quello di eliminare il dolore, recuperare la mobilità articolare e iniziare un lavoro di recupero della forza.
Rieducazione funzionale: in questa ultima fase, il paziente può essere seguito in palestra dove, grazie al professionista del movimento, verrà attuato un programma centrato sul recupero dell’equilibrio, della propriocezione e della forza, in modo da rendere la caviglia più stabile e soprattutto evitare il rischio di una recidiva
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